Ocalan: “C’è voluto tempo, ma sarà un bene per tutti”

Publié le par Centro di Solidarietà Internazionalista






di Tolga Korkut
Bianet, 17 agosto 2009

Istanbul - Abdullah Ocalan, leader del Partito armato dei lavoratori del Kurdistan (Pkk),  prigioniero nell'isola di Imrali, ha incontrato i suoi avvocati il 14 agosto scorso.
 
Il completamento dell’auspicata “road map” non si è ancora concluso, tuttavia Ocalan ritiene di poter affermare che questa sarà pronta il 19 agosto.

Ecco, secondo quanto riportato dalla Firat News Agency (Ahf), le dichiarazioni di Ocalan.

Ciascuno dovrà prendere le sue decisioni. I kurdi dovranno prendere le loro decisioni. Non posso essere ritenuto il solo responsabile di ogni accordo. E se ci saranno sviluppi, questo riguarderà anche i kurdi. Non si può dire “lasciamo fare a loro e io mi atterrò agli ordini”. [...] I giovani, le donne, tutti dovranno fare una scelta. Non sarà una soluzione sulla base di richieste. Loro decideranno su una cosa, io su un’altra, altri decideranno su altro ancora. Sarà un lavoro da fare di comune accordo.

Un nuovo processo.
E' l’inizio di una nuova epoca, un'epoca nuova e diversa dal passato e importante come lo è stata la fondazione della Repubblica di Mustafa Kemal.  E’ tempo di costruire una società democratica. E la società turca imparerà la cultura della democrazia. […] C'è voluto tempo, ma sarà un bene per tutti. Quello che si doveva fare negli anni venti, si farà adesso. Noi porteremo a compimento ciò che fu  iniziato negli anni venti.

L’importanza di questa nuova fase dovrà essere compresa da tutti. Il Partito della società democratica (Dtp) dovrà capire l’importanza di questa nuova fase perché se non lo farà, ne verrà travolto. Se il Partito del movimento nazionalista (Mhp) e il Partito repubblicano del popolo (Chp) continueranno sulla loro strada, questo segnerà la loro fine. Essi non dovranno ostacolare questo processo ma se lo faranno, sarà lo spirito di questi nuovi tempi a travolgerli, e basteranno pochi mesi. Allo stesso modo, anche il Partito di governo per la giustizia e dello sviluppo (Akp) non potrà permettersi di aspettare a lungo. Tra pochi mesi le reali intenzioni dell'Akp saranno chiare. E diverrà chiaro anche se le dichiarazioni pronunciate dal partito corrisponderanno al vero.

Il nuovo corso della politica medio-orientale.
Nel 2007 gli Stati Uniti hanno ritirato il proprio appoggio alla Gladio annunciando che non avrebbero tollerato ulteriori esecuzioni e omicidi illegali. D'ora in avanti sarà improbabile che possano verificarsi esecuzioni extra giudiziali di questo tipo, e le cose dovranno svolgersi all'interno di un sistema di legalità. Gli Stati Uniti e le altre potenze dovranno perseguire una diversa politica nei confronti del Medio Oriente. Se da un lato vorrebbero veder sparire il Pkk, sanno anche che non possono sopprimerlo con le armi. Vorrebbero disarmarlo ma sono obbligati a raggiungere un compromesso con noi. E un compromesso verrà fuori. Gran Bretagna e Stati Uniti […] stanno già cooperando con Barzani e Talabani nell'Iraq del Nord e potrebbero, allo stesso modo, cercare di raggiungere un compromesso con noi. Tuttavia non sarà facile senza basi concrete, e concreti non lo diventeranno tanto facilmente. Si tratta di questioni serie e delicate e potranno esserci ambiguità. Non hanno una posizione precisa sulla Turchia, d’altra parte nessuno dimostra di averla.

Non accetterei la proposta di uno Stato federale.
In passato ho ritenuto che con la creazione di uno stato federale tutto avrebbe funzionato, poi ho capito che questa non era la soluzione ma che anzi avrebbe creato problemi. […] Per questi motivi non la ritengo una soluzione. E non accetterei nemmeno la concessione di uno Stato federale, magari al sud (come è avvenuto nell'Iraq del Nord). La soluzione che propongo va oltre, costituisce un nuovo approccio che non si limita agli schemi classici. Il nostro modello è vicino a quelli europei anche se lo ritengo più sviluppato. Il modello europeo del resto non si dimostra del tutto democratico.

Lo Stato dovrà essere coinvolto.
Non dico che lo stato non debba essere coinvolto nella soluzione della questione kurda. Lo stato ci sarà ma dovrà essere uno stato che rispetta le libertà. […] Il modello che propongo per una soluzione è il seguente: da una parte ci sarà lo Stato,  dall'altra una nazione kurda. I kurdi riconosceranno l'esistenza dello Stato e lo accetteranno. Lo Stato, da parte sua, riconoscerà ai kurdi il diritto di esistere come nazione democratica. E' in questo modo che potranno incontrarsi a metà strada. In breve, questo è ciò che intendo per soluzione.  Tutto  il  resto verrà di conseguenza.  Ciò significa che la società civile dovrà diventare più democratica. E dopo tutto ciò, se lo stato lo riterrà opportuno, potrà mettere bandiere e uffici dappertutto, potrà insegnare la lingua turca dove vorrà.

Ai kurdi tuttavia dovrà essere consentito di potersi associare, di esistere come nazione  democratica. Se saranno in grado di organizzare da soli sport, istruzione,  organizzazioni religiose, parlamento e municipalità, lo faranno. Potrebbero perfino organizzare autonomamente la difesa del loro stato. […] Una società che non è in grado di organizzare se stessa è una società morta. […] Affinché questo processo sia possibile e affinché tutti noi possiamo lavorarci, si richiedono condizioni adeguate.

Il cambiamento riguarderà tutto e tutti.
Uomini e cose cambieranno in modo radicale. In passato ritenevo che cambiamenti profondi come quelli scaturiti dalla Rivoluzione d'Ottobre o dalla Rivoluzione francese potessero condurre alla creazione di un nuovo Stato. Ma i tempi sono cambiati. E ciò avrebbe significato  grandi rischi e gravi perdite. Ora penso invece che uno Stato nel senso classico costituisca più un problema che una soluzione. […]

Oggi si parla di istruzione nella lingua materna, di cultura e di altre cose. Nella soluzione che propongo i kurdi e i turchi potranno esprimersi ciascuno nella propria lingua; culture e stili di vita  coesisteranno.
 
L’impronta di Mustafa Kemal. Sulla stampa si sta attualmente discutendo dei Protocolli di Amasya del 20-23 ottobre 1919. Solo di tre protocolli sono stati resi noti i contenuti mentre persiste il segreto sugli altri due. Nel secondo protocollo, firmato da Mustafa Kemal, si parla anche dei diritti etnici e sociali dei kurdi. I protocolli conosciuti sono diventati pubblici nel 1960. Il 10 febbraio 1922 vi fu inoltre un'assemblea plenaria. Un amico, anch’egli detenuto, mi ha scritto che sulla questione dell'autonomia kurda vi furono 237 voti favorevoli e 64 contrari.

Fetullah Gulen non è un avversario.
  Ho letto di Fetullah Hoca e non lo ritengo un avversario. E’ riuscito a ottenere imprese e scuole in Kurdistan, insomma sono organizzati. Su basi democratiche potrebbe esservi un riavvicinamento reciproco.

(Traduzione di Silvia Pagliacci per Osservatorio Iraq)



di Tolga Korkut
Bianet, 17 agosto 2009

Istanbul - Abdullah Ocalan, leader del Partito armato dei lavoratori del Kurdistan (Pkk),  prigioniero nell'isola di Imrali, ha incontrato i suoi avvocati il 14 agosto scorso.
 
Il completamento dell’auspicata “road map” non si è ancora concluso, tuttavia Ocalan ritiene di poter affermare che questa sarà pronta il 19 agosto.

Ecco, secondo quanto riportato dalla Firat News Agency (Ahf), le dichiarazioni di Ocalan.

Ciascuno dovrà prendere le sue decisioni. I kurdi dovranno prendere le loro decisioni. Non posso essere ritenuto il solo responsabile di ogni accordo. E se ci saranno sviluppi, questo riguarderà anche i kurdi. Non si può dire “lasciamo fare a loro e io mi atterrò agli ordini”. [...] I giovani, le donne, tutti dovranno fare una scelta. Non sarà una soluzione sulla base di richieste. Loro decideranno su una cosa, io su un’altra, altri decideranno su altro ancora. Sarà un lavoro da fare di comune accordo.

Un nuovo processo.
E' l’inizio di una nuova epoca, un'epoca nuova e diversa dal passato e importante come lo è stata la fondazione della Repubblica di Mustafa Kemal.  E’ tempo di costruire una società democratica. E la società turca imparerà la cultura della democrazia. […] C'è voluto tempo, ma sarà un bene per tutti. Quello che si doveva fare negli anni venti, si farà adesso. Noi porteremo a compimento ciò che fu  iniziato negli anni venti.

L’importanza di questa nuova fase dovrà essere compresa da tutti. Il Partito della società democratica (Dtp) dovrà capire l’importanza di questa nuova fase perché se non lo farà, ne verrà travolto. Se il Partito del movimento nazionalista (Mhp) e il Partito repubblicano del popolo (Chp) continueranno sulla loro strada, questo segnerà la loro fine. Essi non dovranno ostacolare questo processo ma se lo faranno, sarà lo spirito di questi nuovi tempi a travolgerli, e basteranno pochi mesi. Allo stesso modo, anche il Partito di governo per la giustizia e dello sviluppo (Akp) non potrà permettersi di aspettare a lungo. Tra pochi mesi le reali intenzioni dell'Akp saranno chiare. E diverrà chiaro anche se le dichiarazioni pronunciate dal partito corrisponderanno al vero.

Il nuovo corso della politica medio-orientale.
Nel 2007 gli Stati Uniti hanno ritirato il proprio appoggio alla Gladio annunciando che non avrebbero tollerato ulteriori esecuzioni e omicidi illegali. D'ora in avanti sarà improbabile che possano verificarsi esecuzioni extra giudiziali di questo tipo, e le cose dovranno svolgersi all'interno di un sistema di legalità. Gli Stati Uniti e le altre potenze dovranno perseguire una diversa politica nei confronti del Medio Oriente. Se da un lato vorrebbero veder sparire il Pkk, sanno anche che non possono sopprimerlo con le armi. Vorrebbero disarmarlo ma sono obbligati a raggiungere un compromesso con noi. E un compromesso verrà fuori. Gran Bretagna e Stati Uniti […] stanno già cooperando con Barzani e Talabani nell'Iraq del Nord e potrebbero, allo stesso modo, cercare di raggiungere un compromesso con noi. Tuttavia non sarà facile senza basi concrete, e concreti non lo diventeranno tanto facilmente. Si tratta di questioni serie e delicate e potranno esserci ambiguità. Non hanno una posizione precisa sulla Turchia, d’altra parte nessuno dimostra di averla.

Non accetterei la proposta di uno Stato federale.
In passato ho ritenuto che con la creazione di uno stato federale tutto avrebbe funzionato, poi ho capito che questa non era la soluzione ma che anzi avrebbe creato problemi. […] Per questi motivi non la ritengo una soluzione. E non accetterei nemmeno la concessione di uno Stato federale, magari al sud (come è avvenuto nell'Iraq del Nord). La soluzione che propongo va oltre, costituisce un nuovo approccio che non si limita agli schemi classici. Il nostro modello è vicino a quelli europei anche se lo ritengo più sviluppato. Il modello europeo del resto non si dimostra del tutto democratico.

Lo Stato dovrà essere coinvolto.
Non dico che lo stato non debba essere coinvolto nella soluzione della questione kurda. Lo stato ci sarà ma dovrà essere uno stato che rispetta le libertà. […] Il modello che propongo per una soluzione è il seguente: da una parte ci sarà lo Stato,  dall'altra una nazione kurda. I kurdi riconosceranno l'esistenza dello Stato e lo accetteranno. Lo Stato, da parte sua, riconoscerà ai kurdi il diritto di esistere come nazione democratica. E' in questo modo che potranno incontrarsi a metà strada. In breve, questo è ciò che intendo per soluzione.  Tutto  il  resto verrà di conseguenza.  Ciò significa che la società civile dovrà diventare più democratica. E dopo tutto ciò, se lo stato lo riterrà opportuno, potrà mettere bandiere e uffici dappertutto, potrà insegnare la lingua turca dove vorrà.

Ai kurdi tuttavia dovrà essere consentito di potersi associare, di esistere come nazione  democratica. Se saranno in grado di organizzare da soli sport, istruzione,  organizzazioni religiose, parlamento e municipalità, lo faranno. Potrebbero perfino organizzare autonomamente la difesa del loro stato. […] Una società che non è in grado di organizzare se stessa è una società morta. […] Affinché questo processo sia possibile e affinché tutti noi possiamo lavorarci, si richiedono condizioni adeguate.

Il cambiamento riguarderà tutto e tutti.
Uomini e cose cambieranno in modo radicale. In passato ritenevo che cambiamenti profondi come quelli scaturiti dalla Rivoluzione d'Ottobre o dalla Rivoluzione francese potessero condurre alla creazione di un nuovo Stato. Ma i tempi sono cambiati. E ciò avrebbe significato  grandi rischi e gravi perdite. Ora penso invece che uno Stato nel senso classico costituisca più un problema che una soluzione. […]

Oggi si parla di istruzione nella lingua materna, di cultura e di altre cose. Nella soluzione che propongo i kurdi e i turchi potranno esprimersi ciascuno nella propria lingua; culture e stili di vita  coesisteranno.
 
L’impronta di Mustafa Kemal. Sulla stampa si sta attualmente discutendo dei Protocolli di Amasya del 20-23 ottobre 1919. Solo di tre protocolli sono stati resi noti i contenuti mentre persiste il segreto sugli altri due. Nel secondo protocollo, firmato da Mustafa Kemal, si parla anche dei diritti etnici e sociali dei kurdi. I protocolli conosciuti sono diventati pubblici nel 1960. Il 10 febbraio 1922 vi fu inoltre un'assemblea plenaria. Un amico, anch’egli detenuto, mi ha scritto che sulla questione dell'autonomia kurda vi furono 237 voti favorevoli e 64 contrari.

Fetullah Gulen non è un avversario.
  Ho letto di Fetullah Hoca e non lo ritengo un avversario. E’ riuscito a ottenere imprese e scuole in Kurdistan, insomma sono organizzati. Su basi democratiche potrebbe esservi un riavvicinamento reciproco.

(Traduzione di Silvia Pagliacci per Osservatorio Iraq)
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